domenica 2 giugno 2013

Orario ferroviario

Allineati dietro quel cristallo,
dicono i libri miei titoli e prezzi:
dove sei tu, mio buon libretto giallo,
unico libro ch'ora io cerchi e apprezzi?

Modesto sei come il mio canto, piccolo
come il mio cuore che non teme indagine.
Ecco, non sei più grosso d'un fascicolo
ed hai trecento, quattrocento pagine!

Tutte conosci le città de' miei
sogni e i paesi che non vedrò mai,
tutte le strade ch'io saper vorrei
come per insegnarmele tu sai.

Tutto tu sai: costumi, alberghi, date,
e tutto insegni per ogni viaggio:
tu servi chi ti dà rapide occhiate
tanto preciso sei nel tuo linguaggio!

Ben conosci le stazioni: sai fino
quali san darci il cibo o a pena il bere,
e ce lo dici con un coltellino
ed una forchettina o col bicchiere;

ben tu conosci i numeri che buoni
s'allinean nelle pagine in colonne:
quei numeri che poi non addizioni
son tutte l'ore della vita insonne.

E a me dici: «Poeta, a che t'indugi
fra le tue carte e il tuo cuor che non sa,
se nemmeno nei piccoli rifugi
s'appiatta e ride la felicità?»

(Da "Poesie 1905-1914" di Marino Moretti, Treves, Milano 1919)



COMMENTO

In Marino Moretti non c'è né il dramma un poco sofisticato (il dramma dell'intellettuale che vorrebbe rinunciare alla propria condizione senza poterlo) che fu proprio di Guido Gozzano, né quello esistenziale (della rinuncia a se stesso, della impossibilità di essere) che fu proprio di Sergio Corazzini, ma il «crepuscolarismo» allo stato puro - se è lecita una tale definizione -, cioè il crepuscolarismo come gusto delle cose mediocri, in opposizione alle sonorità e agli estetismi dannunziani. Al posto del Giorgio Aurispa, degli Stelio Effrena, degli Andrea Sperelli (cioè dei personaggi di estrazione superumana) ci sono i nomi qualsiasi dei compagni di scuola, Massari, Mauri, Mèngoli, Moretti; al posto dei libri rari l'antilibro, cioè l'orario ferroviario, di cui Moretti fu cantore; e l'uggia delle domeniche piovigginose, dei saloni da barbiere, degli albergucci di provincia, dei botteghini del lotto, dei cani randagi. In queste cose mediocri il Moretti «affoga soddisfatto, con appena una punta di malinconia blanda». È lo svuotamento della «Vita» dannunziana, con tutto l'esasperato attivismo dei suoi personaggi; la negazione del contenuto eroico per quello provinciale, cioè una poesia in tono minore, senza alcuno spicco di parole e di rime, scritta col lapis (come suona il titolo di una raccolta); da cui deriva tuttavia il senso di un cantabile in sordina, una suggestione che non sopporta d'esser paragonata a quella di alcun altro poeta.

(Da "I problemi", antologia a cura di Mario Balestrieri, Angelo Gianni e Angelo Pasquali, D'Anna, Messina-Firenze)

Nessun commento:

Posta un commento