martedì 18 giugno 2013

Assonanze

Due alcioni
su l'infinito mare,
un mare grigio con dei toni
tediosi d'un pallor crepuscolare.

Una piuma 
di cigno, galleggiante
in un palude tra la spuma
che ribolle dalla triste acqua sognante.

Una stanza
solitaria e silente,
dove ondeggia l'acre fragranza
delle cose abbandonate lungamente.

Una bianca
malata in un gran letto
profondo, che piega la stanca
fronte in atto di languore sopra il petto.

Un amore
lungamente taciuto,
lungamente chiuso nel cuore,
lungamente dall'amante sconosciuto.

    Roma.

(Da "L'Oratorio D'Amore. 1893-1903" di Diego Angeli, Alighieri, Roma-Milano 1904)



COMMENTO

Già nella sua prima raccolta poetica: "La Città di Vita" (1896), Diego Angeli (Firenze 1869 - Roma 1937) aveva mostrato quelle peculiarità che si rafforzarono in "Oratorio D'Amore" (1904), ovvero nel suo volume di versi più cospicuo e interessante. Atmosfere decadenti che soventemente si materializzano in un senso di lento disfacimento predominano nella raccolta citata, alle quali si uniscono, come si evince dalla poesia "Assonanze" (la prima delle tre che portano il medesimo titolo nel libro), evidenti tracce di crepuscolarismo: il "mare grigio", il "pallor crepuscolare", i "toni tediosi", la "triste acqua sognante", la "stanza solitaria e silente", le "cose abbandonate", la "bianca malata" e la "stanca fronte" formano una parte consistente del repertorio caro a poeti come Sergio Corazzini, Corrado Govoni ed altri crepuscolari minori. Certamente Angeli non può essere inserito nel gruppo sia per ragioni anagrafiche che per una sostanziale diversità di fondo; è indubbio però che in parte il poeta toscano abbia influenzato alcune tematiche dei crepuscolari, in particolare quelle del cenacolo romano.

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