domenica 9 giugno 2013

Domenica d'inverno

Domenica d'inverno aspra di pioggia
su le piazze deserte e su le strade,
conosco la malinconia che invade
tutte le cose umide del suo pianto:
l'edera che intristisce su la loggia,
il fior di crisantemo e il dior d'acanto.

Spento è novembre, con l'illusione
dell'estate dei morti a San Martino;
ora trascorre il fiato decembrino
dove un sorriso tenue fiorì:
la terra è triste come una prigione
che tutte le speranze seppellì.

Domenica d'inverno, ecco il tuo pianto:
lacrime in cielo, fango su la terra;
ed uno stesso affanno vi rinserra,
anima nostra, anima delle cose!
E vi ricopre ora uno stesso manto,
anima nostra, anima delle cose!

Lasceremo passare questo giorno
fino al tramonto che non si vedrà,
com'alba non si vide, e sorgerà
un altro giorno, con la stessa pioggia
forse, e ci sembrerà quasi un ritorno
di questo che si stempra su la loggia!

Lunedì: giorno di lavoro. Noi
non guarderemo immobili con tetri
occhi l'acqua che crepita su' vetri,
e non diremo inutili parole.
Ma oggi, ch'è domenica! non vuoi,
anima, un po' d'azzurro, un po' di sole?

(Poesia di Tito Marrone tratta dalla «Rivista di Roma», del dicembre 1904)


Tito Marrone (1882-1967)




COMMENTO

Nei Poemi provinciali Marrone sosta con maggiore e forse più libera compiacenza sul lento morire di ciò che direttamente o indirettamente lo circonda nonostante la capacità vivificatrice del ricordo e del rimpianto. Ovunque egli vede dolore; sotto la pur effimera gioia, egli immediatamente individua una ragione di occultata malinconia. La domenica, che per molti è motivo di festa e di allegria, è per lui concentrazione di grigiore e di torpore, popolata da larve spettrali che lo assediano come allucinazioni.

(Da "Vent'anni o poco più" di Giuseppe Farinelli, Otto/Novecento, Milano 1998) 

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