sabato 22 giugno 2013

Chiesa rurale

Nel mattino riposa
la chiesa umile e cheta:
quasi la rende lieta
un chiarore di rosa.

Vanisce un'alta pace
fra i dipinti sbiaditi:
negli scanni scolpiti
stride il tarlo, tenace,

fra i parati turchini:
dal vecchio sfondo d'oro
guardan rigidi il coro
tre santi bizantini.

Saettando fra' travi
van le rondini a' nidi,
liete, con brevi gridi:
giungon di fuori soavi

i profumi del prato:
per la navata cheta
olisce la segreta
poesia del passato.

Ella un dì qui pregò
pel mio, pel suo peccato.
Oh, l'han riconsacrato
il luogo ove passò

la carezza odorosa
della veste di seta?
La chiesa umile e cheta
nella pace riposa.

(Da "L'Urna" di Guelfo Civinini, Alighieri, Roma 1900)




COMMENTO

"Chiesa rurale" di Guelfo Civinini (Livorno 1873 - Roma 1954) rientra di diritto in quella categoria poetica che mostra un repertorio tematico ben preciso, quello cioè rientrante nella sfera del sacro, molto sfruttato sia da alcuni poeti decadenti che, in seguito, da alcuni poeti crepuscolari. Si assiste infatti, soprattutto nei primissimi anni del XX secolo, all'apparizione di una gran quantità di versi (presenti su riviste o in volumi) che parlano di chiese, santi, suore, ceri, lampade votive, preghiere, tabernacoli, madonnine e ancora altri oggetti o personaggi attinenti alla religione cristiana. Civinini, insieme a Diego Angeli, fu uno dei poeti che inserirono maggiormente, nelle loro poesie, questi elementi citati; per tal motivo (e non solo) alcuni critici parlarono e parlano, a proposito di certa poesia primo-novecentesca, di neomisticismo.

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