la città quando sospesa
e alta sopra il nostro sperdimento
si desta alla frecciata delle luci
all'ora incerta tra vigilia e sonno
che il corpo inciampa nel suo peso
ma si rialza sulla sua fatica
nella pausa del tempo tra la rondine e l'assiolo
tra la vita e la sua sopravvivenza,
Tu che spezzi la servitù e l'orgoglio
- dicono - della sofferenza, vieni
se già non sei dovunque
in veste di randagio,
d'infermo, di bambino tribolato.
Segui il timido, accosta il solitario,
ripeti: la virtù quando non giunge
fino all'amore è cosa vana.
È quell'ora della metà dell'anno
che il senza tetto strascica i suoi cenci
sull'erba pesticciata, cerca asilo,
la lucciola lampeggia, il cane abbaia.
(Da "Onore del vero" di Mario Luzi, Neri Pozza, Venezia 1957)
COMMENTO
Tra i poeti italiani, Mario Luzi è uno di quelli di più aperta e dichiarata ispirazione - e professione - religiosa. In tal senso questa poesia ci pare una delle sue migliori, limpida, senza l'ausilio di linguistici raggiri, diritta verso la soluzione.
(Da "Dal Carducci ai contemporanei", antologia a cura di G. Getto e F. Portinari, Zanichelli, Bologna 1966)
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