mercoledì 7 agosto 2013

Ore sole

Dal tetto cadon giù 
un dopo l'altra l'ore:
le lascia giù cadere
l'orologio a martello,
in colpi secchi, uguali,
tutte sul mio cervello.
E ognuno di quei colpi
m'è come una puntura,
come se mi strappassero un capello.
Ore sole come solo pane, 
per oggi e per dimane, 
e per tutti i giorni 
di tutte le settimane.
Mattutine, vespertine,
popolate da campane
vicine e lontane.
Ore del sole, 
che non ridete
a chi v'aspetta sole.
Ore grigie, ore nere,
silenzio delle campane
vicine e lontane.
Vien da qui presso
spampanato il coro
dell'antico convento 
delle Nazarene,
sfogano in coro le loro pene
a tutte le ore,
anche per esse l'ore son sole.
«Al Ciel, al Ciel, al Ciel! 
La Gloria o Signor!»
Ore della notte, 
ore del sole,
uguali tutte
che non ridete 
a chi v'aspetta sole.
Ore sole come solo pane,
per oggi e per dimane,
e per tutti i giorni 
di tutte le settimane.

(Da "Poemi" di Aldo Palazzeschi, Ed. di Poesia, Milano 1909) 




Per Henri Bergson «la durée réelle est ce que l'on a toujours appelé le temps, mais le temps perçu comme indivisible». In chiave comica Palazzeschi enuncia la tesi contraria: il tempo è divisibile, viene vissuto come entità misurabile: le ore cadono sul cervello, ognuna di esse strappa un capello. Ore sole esprime l'ennui del rentier, di chi è escluso dal processo produttivo; ma al tempo stesso la noia, come «disperazione oggettiva», dilaga sul mondo, anche su coloro che lavorano. Il sempreguale s'intronizza dispotico: Palazzeschi in questa e in altre composizioni, a modo suo, cioè quanto più possibile lontano dalla metafisica, ne sancisce l'ecumenicità.

(Da "La nascita dell'avanguardia" di Luciano De Maria, Marsilio, Venezia 1986)

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