martedì 16 luglio 2013

Oggi non usciremo...

Oggi non usciremo: aspetteremo il frate
del convento per la cerca, il vecchio frate Valerio
dal passo grave perché conosce tante miserie...
Egli ci tenne in braccio appena appena nati!

Anima dolce e selvaggia come una rosa canina
e sensitiva più d'una mimosa-pudica,
tu sai quanta dolcezza sentimmo stamattina
nel destarci dal sonno, che, pure, ci parve fatica:

come se noi dormissimo in una stanza piena
di soavi oleandri. Ebbene, qualche dolcezza
vaga saprà velare la nostra vaga tristezza,
e certo ci farà lieve la pesante catena

dell'inutile vita. Aspetteremo il frate
e a lui domanderemo se da bimbi eravamo
allegri o melanconici. S'egli dica: «Eravate
lieti», noi penseremo che lieti ancora siamo.

S'egli dica: «Una dolce tristezza v'era negli occhi»,
noi penseremo: «Ancora!». E, piegando i ginocchi,
anima, ci sembrerà che sui nostri destini
navighi come una triste letizia di bambini.

(Da "Canti delle osai" di Arturo Onofri)



COMMENTO

Tra i poeti che, pur rimanendo ben distinti, si avvicinarono molto alla poetica dei crepuscolari, non può certo essere dimenticato Arturo Onofri, poeta romano che cominciò a pubblicare versi nel 1904 sulla "Vita Letteraria" e che, dopo i primissimi volumi di liriche, si rivelò seguace del crepuscolarismo con "Canti delle oasi" (1909), dove si notano evidenti riferimenti sia al "Poema paradisiaco" di Gabriele D'Annunzio, sia a "De l'Angélus de l'aube à l'Angélus du soir" di Francis Jammes; due opere, queste ultime citate, fondamentali per molti poeti crepuscolari. La sezione "Poemi del sole" di "Canti delle oasi" comprende il maggior numero di componimenti che rasentano il crepuscolarismo.

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