venerdì 26 luglio 2013

Elegia per attendere la sera

La luna è ancora in grembo ai colli, e i colli
son forse ancora tiepidi di luce.
Restiamo. È l'ora del silenzio, e molli
son gli orti ove la sera ci conduce.

I villaggi che han visto per le vie
passar fanciulli con in mano steli
di gigli, or pieni son di litanie
e di squille annunzianti gli evangeli.

In qualche ovile belano gli agnelli.
Per qualche strada un bianco gregge sale.
Il cimitero ha chiuso i suoi cancelli.
Gli angeli in chiesa han ripiegate l'ale.

E tutto questo come un sogno, oppure
come un ricordo vago e impallidito:
qualche cosa d'angelico, tra pure
squille in cammino verso l'infinito...

Come un rumore d'anime; qualcosa
che s'è assopito in mezzo ad un lamento:
dolorava, era triste; ora riposa
nella penombra, placido e contento.

C'è qualcuno nel carcere, che prega!
Quest'ora è troppo dolce e troppo lieve:
si direbbe che un albero si piega
sotto il tacito peso della neve.

Ed è la sera che inazzurra i cieli...
Tutto è calmo. Le rondini son calme.
Son calmi i tetti, le anime, gli steli,
e chi pianse col volto fra le palme.

Anche le cose sono rassegnate
a essere, e in questo attendere la sera
c'è il perchè della vita. Son passate
là sulle rose le dolcezze a schiera.

E noi? Saremo noi che, cuore a cuore,
attenderem la sera inginocchiati,
con tra le mani il calice d'un fiore
appassito al tepor dei nostri fiati?

O altri saranno ad aspettarla, ignoti,
quando noi ce ne andremo a mani giunte,
a capo chino, come due divoti,
pregando per le vergini defunte?

Saremo noi che quando, sopra i monti,
bianchi rosari e mistiche ghirlande
di stelle invano sogneran le fronti
delle madonne, e le lor mani blande,

saremo noi che annuncierem la luna
pallida e lieve dopo l'imbrunire,
o altri saranno presso qualche cuna,
che la vedranno nascere e morire?

(Da "Versi e novelle di Fausto Valsecchi", Ettore Bartolozzi editore, Lecco 1966)




COMMENTO

Strette ed evidenti affinità, si diceva, fra questi due giovanissimi poeti, il Corazzini ed il Valsecchi, per la loro precoce attività, per la loro immatura scomparsa, per gli elementi stessi della loro poetica, sostanziata d'immagini che presto diverranno tropi, o stilemi, ossia si faranno maniera, contrassegni tipici e convenzionali di tutta la corrente.
[...] Si potrebbero qui enucleare dai contesti poetici del Valsecchi - e farne un lungo elenco - questi spunti convenzionali, questi tropi di cui si è detto, che formano altrettanti nuclei attorno ai quali si dispone l'esile trama delle sue effusioni sentimentali, il ricamo delle cadenze e delle rime, quella musicalità sempre sospirosa entro cui pare a volte che la sua poesia si esaurisca del tutto.

(Da "La poetica crepuscolare e Fausto Valsecchi" di Carlo Del Teglio)

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