martedì 24 dicembre 2013

Presepe

Aria di zolfo e fumo sparso
per una culla-Simbolo
del genere umano.

Avevo le mani
imbrattate di creta
di forme antiche
palpitanti nella modestia
di un universo docile
alla favola e alla frode.

Presepe,
farsa settecentesca
del mito del Buon Selvaggio,
che moriva di fame, 
saltando come un clown -
i piedi al freddo
le mani sulle castagne.
In vere stalle andava
mia madre levatrice
di natali plebei
e il pianto del bambino
era presagio ai vinti.



NOTA
Presepe è una poesia di Domenico Rea. Fa parte della raccolta poetica Nubi, pubblicata per la prima volta nel 1976 dalla Società Editrice Napoletana; venne poi ristampato in proprio e fuori commercio nel 1984. Da quest'ultima edizione ho estratto la poesia riportata, che è preceduta da una breve prosa. I versi, inizialmente parlano dei ricordi del poeta, relativi alla preparazione del presepe nei giorni precedenti il Natale. Nella seconda parte della poesia c'è una forte critica alla tradizione del presepe, definita "farsa settecentesca". Evidentemente, ciò che infastidisce lo scrittore è il buonismo che, pure con certi simboli del presepe, si diffonde nel periodo natalizio, e non rispecchia affatto la realtà delle cose: la realtà vissuta dalla madre di Rea, che contribuiva, anche nel giorno di Natale, a far nascere i bambini di famiglie molto povere.



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