domenica 3 agosto 2014

Botteghino del lotto

Musa, poi ch'oggi io già stanco t'appaio
di seguire il bel sogno che fu nostro,
lasciami fra il sentore dell'inchiostro
che imputridisce in qualche calamaio,

fra quest'aria che sa di maleficio
e di miseria credula che pensa,
lasciami nella triste sonnolenza
di questo luogo ch'è bottega e ufficio!

Lascia ch'io guardi il volto paonazzo
dell'impiegato della scrivania
(certo ei s'intende di calligrafia
e la sua firma è tutta uno svolazzo),

lascia ch'io guardi numeri e registri
e il ritratto del re che ci governa
e ci promette un terno e una quaterna
con l'approvazione dei ministri!

Io guardo in giro. Ecco, s'adunan qua
tacitamente in fin di settimana
le suore grige dell'attesa vana:
Pigrizia, Economia, Credulità....

Io guardo in giro. E l'uomo stende il rosso
polverino su l'ultima bolletta,
ed alza gli occhi sul mio volto e aspetta
ch'io mi pronunzi: ma non so, non posso.

Che faccio io qui? Debbo giocare al lotto
anch'io? Cercar dei numeri ne' miei
sogni d'artista? Ecco: 46
5, 90, 30, 58....





COMMENTO
Il botteghino del lotto è una poesia di Marino Moretti. La versione qui presente fa parte del volume riassuntivo Poesie 1905-1914, pubblicato da Treves in Milano nel 1919. In precedenza, la poesia fu inclusa in Poesie di tutti i giorni, Ricciardi, Napoli 1911; la stesura originale presenta alcune varianti rispetto a quella sopra riportata. In seguito, Moretti la pubblicò anche in Tutte le poeise, Mondadori Milano 1966. Infine, nella nuova versione del 1966, la medesima poesia fu inserita nella raccolta antologica Gozzano e i crepuscolari (Garzanti, milano 1983).
Il tema è quello ricorrente dei luoghi che, almeno un secolo or sono, erano piuttosto frequentati dalla popolazione delle città di provincia. In questo caso, il poeta si reca nel botteghino del lotto per giocare dei numeri; in quest'azione, però, non c'è nulla di entusiasmante: l'uomo sembra che vada lì tanto per fare qualcosa e non per convinzione; tant'è che, una volta all'interno del locale, guardando l'impiegato che attende le sue parole, egli si chiede il motivo per cui si trovi in quel momento proprio lì, e non ne vede alcuno; così, senza troppo pensarci, dice cinque numeri a caso e se ne va. Ritorna quindi, in questa poesia, la sensazione di noia e d'inutilità che contraddistingue la migliore poesia di Moretti, e che è anche uno degli elementi identificativi della poesia crepuscolare.



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